venerdì 10 aprile 2009

Propane



bordeaux.
è il colore della cicatrice che mi ritrovo sul ginocchio sinistro. quel che resta dell'operazione che mi ha rubato gli ultimi due mesi di vita. il souvenir di una vacanza nel paese delle infiammazioni e delle bestemmie.
magari non è bordeaux, ma mi piace il francese.
mi piace vedere la cicatrice la come la firma di un quadro. il quadro del mio chirurgo. i suoi pennelli sono bisturi, trapani e ferretti vari.
mi piace immaginare il mio chirurgo con una coppola stile pittore da strada parigino. la maglietta a righine orizzontale, un pò di panzella.
e i baffi.
mi piace immaginarlo mentre opera con una baguette sotto l'ascella.
e un'altra nel culo.

ghiaccio.
ogni tanto me lo metto dieci minuti sulla cicatrice, fa sempre bene. e poi non tengo un cazzo da fare. vado a prendere la bustina dal congelatore. è appoggiata su un bicchiere di carta, in modo da prendere la forma curva del ginocchio. questa è una pensata di mio padre, ovviamente.
ma non voglio parlare di mio padre.
mio padre ha parecchie fissazioni. è pignolo e sfiora le malattie mentali. gli fanno schifo un sacco di cose. è un maniaco della pulizia. anzi, è un maniaco e basta.
in ufficio mise una corda bella doppia tra lui e il resto dei colleghi, per non farsi toccare. una volta ha messo un limone in culo a un pollo e rideva. ne ha fatte talmente tante che mia madre mi ha sempre detto "ti prego prendi appunti: devi scriverci un libro!".
io ovviamente non l'ho mai fatto.
ho il brutto vizio di non stare a sentire a nessuno. se così non fosse, ora starei già lavorando a chissà quale progetto in chissà quale posto sperduto del nord Italia.
se avessi preso dei semplici appunti, ne sarebbe uscito un capolavoro e ora sarei ricco sfondato. è inutile saper scrivere, sono sufficienti gli appunti e basta. è lui che fa già ridere abbastanza. fa ridere pure ai cartoni animati. e non lo fa apposta. non lo fa MAI apposta.

potrei stare gli anni a raccontarvi aneddoti assurdi.
ma non voglio parlare di mio padre.

siamo in ospedale, poche ore prima dell'operazione.
mio padre prende il telecomando della tv e va in bagno. sento un rumore d'acqua fortissimo. dopo un paio di minuti esce e inizia a fare zapping. il telecomando non funziona. toglie lo scudo di gomma, di quelli che proteggono da eventuali cadute, e schizza un sacco d'acqua.
HA LAVATO IL TELECOMANDO.
inizia ad agitarsi e a dare botte per apparare, quando entra la suora.
"non funziona il telecomando?"
"eh no.. è bagnato."
"bagnato? ma era fuori al balcone?"
"no, nel cassetto. BAH. magari se avete un asciugacapelli.."
BAH.
la suora se ne va e io rido, ma rido assai. ormai sono rassegnato.
dopo cinque minuti il telecomando pare funzionare.
"meno male", dice papà, "altrimenti ne portavano uno nuovo e dovevo rilavarlo."
ma non voglio parlare di mio padre.

finisco sempre a parlare di lui.
ha un effetto Berlusconi su di me: bene o male, ne parlo sempre.
solo che papà non lo fa apposta. non lo fa MAI apposta.
ma non voglio parlare di mio padre.

mi gusto un pezzo di pane col Rio Mare Snack, uno di quei prodotti da supermercato pieni di schifezze che fanno solo male. però è buono.
suona la sveglia che avevo dimenticato di togliere. ero troppo intento a parlare di mio padre.
ho il cellulare in tasca. all'improvviso mi vibra una palla.
mi sono cacato sotto. e non è un modo di dire.
vado in bagno camminando a mò di granchio e rido. mi sono cacato addosso.
passando passando, meno un paio di jastemme contro la porta della camera di mio padre.
ma non voglio parlare di mio padre.

ho deciso di scrivere un libro su di lui, non è mai troppo tardi.
lo chiamerò PROPANE, senza motivo.
farà ridere. farà molto ridere.
pure ai cartoni animati.


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