venerdì 21 novembre 2014

uno strano sogno



Sarò breve.

E' venerdì sera e decido di uscire con Johnny. Johnny è quel tipo di personaggio che quando lo incontri in piazza prende mano al suo iPhone bianco nuovo di zecca e, ancor prima di dire ciao, ti costringe a vedere il video dell’orgia a cui ha partecipato la sera prima.
Mi viene a prendere con la macchina a riserva.
Johnny facciamo benzina?
E perché? Tanto è giusto un giretto.

Come un padre che già sa di non poter mantenere la promessa mi guarda e precisa: “stasera non bevo: mi hanno appena restituito la patente”.
Andiamo quindi a bere. A Posillipo c’è un nuovo bar che pullula di fighetti e lui sa quanto ami stare in silenzio, senza argomenti di discussione e smarrito in quella massa informe di mongoloidi coi soldi accompagnati da superfighe che -sebbene difficile da immaginare- sono ancora più mongoloidi e ancora più coi soldi.
Per abbandonare ogni possibilità di interazione sociale ci facciamo una canna. Il tempo passa, una chiacchiera, un long island, un altro long island, un’altra chiacchiera e un altro long island. Beh, di sicuro noi non stiamo a riserva.

E’ il momento di andare via. Johnny ha tre long island in corpo e spirito. In macchina siamo in sei. La musica tunz tunz ha trapanato la terra -oltre che i miei timpani e la mia pazienza- fino a svegliare la Cina.
Perché gli hanno appena ridato la patente e dobbiamo passare inosservati.
Il livello della benzina scende e quello della mia ansia sale. Accompagniamo l’unica femmina del branco appena prima che si suicidasse, poi decidono allegramente di alzare il livello della serata con una proposta da revival anni '90: andiamo a sfottere le puttane.
Siamo rimasti in quattro: io, Johnny e due amici di cui non ricordo il nome: li chiamerò Amico1 e Amico2. In realtà non ricordo nulla di loro: volti non definiti, colori non definiti, sembrano delle sagome parlanti e non definite. Io comunque non ho mai visto una cosa simile: Amico1 è il più grande esperto di topAnomastica del territorio napoletano.
“Gira la prima a destra e poi la seconda a sinistra, ci sta una slava che l’altra volta mi ha chiesto i documenti perché credeva che fossi un marocchino che la voleva stuprare”
Prima traversa a destra, seconda a sinistra: “Hey ti ricordi di me? Mi hai chiesto il documento!”
Fermiamo una prostituta, poi una bagascia, poi una baldracca, poi una battona, poi una buona donna e una figlia di buona donna, poi una cagna, poi una cortigiana, poi una donnaccia, poi una donna di malaffare, poi una donna di facili costumi, poi una malafemmina, poi una marchettara, poi una meretrice, poi una mignotta, poi una peripatetica, poi una squillo, poi una sgualdrina, poi una troia, poi una vacca e poi una zoccola. Fin quando non abbiamo finito i sinonimi di puttana.
Scopro che a piazza Garibaldi sparano cifre cinque volte maggiori dei vicoli alle sue spalle, un po’ come il costo degli affitti a Roma che non è umano se lo paragoniamo a quella nube di satelliti che si chiama resto dell'Italia.
Ma noi alla capitale del pompino preferiamo i bucchini di periferia. Siamo da almeno un’ora in giro e la macchina è ancora senza benzina. Lo stereo è spento ma il tunz tunz è incessante, non smette mai. E’ la mia tachicardia.

Stiamo per tornare a casa quando, dal nulla, si sveglia Amico2 che -come appena uscito da un coma- pronuncia le parole magiche:
“uagliù, ma io mò mi so arrapato! Dai.. facciamoci fare un bucchino!”
Visitiamo tutte le zone in cui potremmo rimanere a piedi e passare un guaio, alla ricerca della bocca incantata. Un'indagine di mercato tipo quando, prima di prenotare la vacanza, cerchi sui forum dove si chiava, si mangia bene e si spende poco. Stanotte siamo concentrati su dove si succhia bene e si spende poco.
Finisce che ci carichiamo una specie di negracinese. Un’asiafricana che sembra uscita dal canale di Suez come Raul Bova in “Piccolo grande amore”. Una bella patonza con un fare da stronza. Ci infrattiamo in un vicoletto. Seconda traversa a destra, questo è il cammino. E poi dritti fino al pompino.
Perché gli hanno appena ridato la patente e dobbiamo passare inosservati.
L’intenzione dei miei tre compagni di avventura è di menarla a succhiasucchiachemaisiconsuma generale come se avesse quattro bocche, ma lei -da persona civile quale è- ci obbliga a fare la fila. La situazione diventa grottesca e divertente allo stesso tempo: uno in macchina a farselo ciucciare e gli altri tre fuori a chiacchierare come alla fermata dell’autobus. La macchina sobbalza con una frequenza che neanche Michael J Fox e a turno un idiota va a fare i video col cellulare, causando risa, bestemmie e coiti interrotti.
Queste cose mi mettono ansia. Non per rispetto alla mia donna o per un fatto morale, ma a me il bucchino col preservativo squieta proprio a pazzi.
Il tunz tunz prende il ritmo della colonna sonora de "Lo squalo" quando all'improvviso vedo una pinna: è il pappone che gira attorno all'isolato per assicurarsi che tutto sia al suo posto. E questo non aiuta a farmi stare meglio.
La voce di Johnny spezza il silenzio e la monotonia: “perché usi i denti?”. Poi si torna ai rumori, gli affanni e gli ammortizzatori. Perché gli hanno appena ridato la patente e dobbiamo passare inosservati.
Suggerisco ai ragazzi -già che ci siamo- di approfittare per farsi cambiare 50 euro dalla gentildonna così possiamo finalmente fare benzina. Mi guardano male.
Quando tocca a me rispondo “NO RAGAZZI, IO NO” e mi guardano come se fossi il più grande pesce a brodo dal dopoguerra. E lei 
-da persona civile quale è- inizia a urlarmi contro col suo accento non tanto italiano:
“Ricchiòòòòòò! Ricchiòòòòòòò!! Tien ‘o pesc picciriiiiiiill ricchiòòòòòòòò!!”
Allorché decidiamo di andare via. 
Torno a casa sconfitto dopo una notte da ricchione. E col pesce piccolino.
Seguono i commenti post-partita stile processo di Biscardi e la delusione generale dopo aver scoperto che per 20 euro quella ti faceva pure chiavare. Infine i classici discorsi di fine serata come "perché andare a bere la sera quando con 20 euro ti fai una chiavata? l'alcool fa pure male!".

E poi?
Apro gli occhi e sono steso sul divano. La tv accesa, la bava sul cuscino, l'alito a peste. La verità è che ho fatto uno strano sogno. Guardo l'orologio: è venerdì sera. Sento il telefono squillare: è Johnny.

Usciamo stasera?
Non so.. hai fatto benzina?
E perché? Tanto è giusto un giretto.
Lascia perdere Johnny!


Sono stato breve.
Pipino il breve.

Nessun commento:

Posta un commento